mercoledì 29 aprile 2009

Ti stringi


Sola ,
ti protegge una coperta,
e niente sembra farti bene

Guardi le mani
le vedi ingrassate
le unghie di smalto sporcate
Quadri
pareti gialline
tendine
ditate sui vetri
Tu guardi dovunque
chissà cosa vedi

Basta,
non vuoi più sapere
non vuoi più rialzarti così non potrai più cadere
Vene, qualcosa ti scorre lì dentro, lo sento


Sembri una foglia, una vela leggera
la barca più piccola in questa bufera
E sembri una foglia una vela leggera,
una barca minuscola in questa bufera


Sola ,
ti scalda una coperta
Ti stringi, ti metti sul fianco
ogni oggetto è fuori fuoco, è opaco
ogni cosa si copre di bianco

Tutto scorreva, tu andavi,
non c'era motivo
eppure sbandavi tremavi
perché lo sentivi che non c'era più spiegazione

E sei caduta in ginocchio
sotto una doccia bollente,
hai sentito lo strappo
e infine più niente,
non sentivi più niente
E ora sembri una foglia, una vela leggera
la barca più piccola in questa bufera
E sembri di sfoglia , di tela leggera
Una barca minuscola in questa bufera

Fuori
c'è una sigaretta
una maglietta indossata storta
una lunga coda alla frontiera
una spiaggia nera
Fuori
Vento, temporale
fogli di giornale a volare agitati
sui viali dei parchi spogliati
Fuori
buche da saltare
strade in salita
biglietti da fare
qualcuno che invita , che viene a chiamare
Fuori
è arrivata l'estate
E' una notte di frasi avverate, di carte girate


E sembri una foglia, una vela leggera
la barca più piccola in questa bufera
Sembri di sfoglia , di tela leggera
barca minuscola in questa bufera
E sembri di carta di paglia di cera
la fiamma più debole che resisteva

>> E sembri una foglia >> Dentro Ogni Casa >> Pacifico

martedì 28 aprile 2009

così non va

mi sfugge tutto, soprattutto i miei pensieri.

lunedì 27 aprile 2009

quattro sono poche?


Penso a sere come questa, quando non mi viene dato di vivere

>> Olaf Bull


una, due, tre, quattro, sì quattro, ne ho quattro da pensare. sono poche?

martedì 21 aprile 2009

Tu cosa fai?


Coloro che non sanno vivere ora, non vivranno mai. Tu cosa fai?

>> Piet Hein

Sto nel surgelatore.

lunedì 20 aprile 2009

é una patologia intrinseca


Scossi la testa per scacciare quest'idea assurda. E' una patologia intrinseca: quando un'ipotesi delirante mi attraversa la mente, invece di riderne, la devo prendere seriamente in considerazione. Come se il mio cervello non distinguesse il possibile dal desiderabile. E quando dico possibile, sono indulgente

>> Causa di forza maggiore >> Amélie Nothomb

venerdì 17 aprile 2009

Poesia all’aria aperta



Se le parole che io vi dico, o quelle che voi mi dite,
quelle che ci diciamo tutti, i discorsi che ci facciamo,
se tutte queste famose vecchie appena nate
sciupate arrochite lucide splendenti
morbide affascinanti candide parole,
se noi le registrassimo tutte con un enorme registratore
per farne con i moderni sistemi una classificazione
e calcolare diabolicamente in conclusione che cosa ci diciamo;
e una volta stabilito in modo sufficientemente probabile,
moderatamente sicuro, mediamente attendibile,
che noi diciamo soprattutto manca il sale
e qualche altra cosa che non mi piace scrivere qui,
se con un razzo via satellite lanciassimo
le nostre rombanti parole verso lo spirito,
nelle regioni immutabili dove da secoli
con una fronda di mirto una fanciulla gioca;
e se chiedessimo ad un cervello-calcolatore
elettronico con lettore ottico per cui nemmeno
bisogna perforare le schede
di rimandarci indietro le parole selezionandole
dopo che quelle regioni hanno attraversato,
io chiedo a voi che cosa tornerebbe.

Dobbiamo naturalmente continuare a parlare,
si capisce, sicuro. Ma vedete,
uno che sta all’aria aperta aspettando che s’apra una rosa,
e intorno i mezzi di comunicazione di massa
freneticamente ripetono queste famose eccetera parole,
accade, può accadere che formalmente s’impegni
a non dirne, parole, se non
sono tornate vive da quelle regioni immutabili.

>> La conversazione >> Marina Mariani

Cosa ti piace della vita?


- Cosa ti piace della vita?
- Il fatto di non dovermi adattare a nulla. Sono stato condannato a essere un originale
- E' la stessa cosa che piace a me
- In realtà ciò che mi piace é la vicinanza che provo con me stesso. In ogni momento so che cosa accade. Non sono distratto da una vita. I primi anni era terribile, ma ora mi sono abituato..Ne godo..Nessuno ha influenza sulla mia vita, ogni bellezza è puro accidente..sono pronto in ogni momento a ritornare sulla casella della solitudine.

>> Il teorema di Almodovar >> Antoni Casas Ros

forse, per quelli bravi, passare per la sofferenza della solitudine diventa un bottino accumulato, una valigia pronta sopra l'armadio, un kit di sopravvivenza da portare in borsetta. da tastare ogni tanto con la mano, a conferma che si è attrezzati, quando due occhi di fronte cercano uno spiraglio in cui infilarsi.
Ma a chi non è capitato, chi ha la valigia e salvadanaio vuoti, e neanche un impermeabile trasparente appallottolato da qualche parte, al confronto può capitare di sentirsi uno sprovveduto, impreparato, superficiale e esposto, e il dubbio insinuoso di non essere di quelli bravi può mortificare.

non è facile

mi sto impegnando ad accettare l'infelicità, per favore non distogliermi.

mercoledì 8 aprile 2009

I miei amici


I miei amici
non mi cercano, non m'invitano a pranzo,
non mi telefonano mai;
non mi mandano auguri per Natale
ma sono miei amici.

Non mi fanno regali,
non m'aiutano a vivere
con raccomandazioni o altre cose;
ma mi aiutano a vivere
perché sono miei amici.

Noi non c'incontriamo in piscina,
non combiniamo le vacanze insieme,
non facciamo progetti di lavoro.
Non ci portiamo scambievolmente le sigarette
né la busta del latte
quando l'altro è ammalato;
non ci raccontiamo i reumi e le tasse.

Non ci facciamo carezze d'amore
né di solidarietà
né di pietà.

Pure - bisogna dar credito
al prodigio; e la geometria
non è favola -
le nostre esistenze parallele
s'incontrano in un punto
all'infinito.


>> La Conversazione >> Marina Mariani

lunedì 6 aprile 2009

con quella sua leggerezza che adoro


Mia madre accarezza la testa del cervo quasi fosse un cane, con quella sua leggerezza che adoro. Lo straordinario non riesce mai a sorprenderla, solo la mediocrità arriva a contrariarla.

>> Il teorema di Almodovar >> Antoni Casas Ros

averne.

giovedì 2 aprile 2009

non camminiamo più allo stesso modo



Una piccola sala di quartiere. Ce ne sono ancora, I sedili un po’ sfondati. L’odore antico di tutti i sogni, di tutte le paure, di tutte le speranze di trovare l’amore che hanno appena vissuto i personaggi. Il desiderio che la nostra vita sia finalmente grandiosa. Che vi compaia una grande passione, anche se dovesse distruggerci. È questa questa l’assunzione di rischio che ogni grande film ci regala. Usciti dalla sala buia, qualche lacrima trattenuta, qualche lacrima sulla nullità della nostra vita, non camminiamo più allo stesso modo. Tutti i grandi film ci rendono titubanti, ci lasciano per un momento o per l’eternità in quella sensazione come di plancton, un po’ molle, a galleggiare tra due acque. Con la vaga percezione che potremmo finalmente vivere come eroi, che potremmo attraversare la vita invece di sfuggirla. In quei momenti di grazia sentiamo la nostra fragilità, palpiamo la nostra carne indecisa, permettiamo al sogno intenso della bellezza di sorgere e di portarci via. Poi si delinea la paura. La necessità di mantenere una cornice, delle forme, una funzione sociale. Io sono tutto ciò che i grandi film illuminano dentro di noi, quella possibilità di agire liberamente. Chi non ha sognato, dopo una proiezione di scomparire? Di non vedere più la famiglia, gli amici, di non andare più a lavorare l’indomani, di non essere più quello che tutti conoscono? Di stabilirsi in una nuova città, assumendosi finalmente il rischio di compiacere solo se stesso?
[..]
Ogni opera d'arte risveglia in noi ciò che l'essere ha di più vivo, di più sovversivo, di più libero. Il dolore è intenso. Vorremmo riscrivere la sceneggiatura della nostra vita. In tutta l'esistenza sembra mancare il dramma assurdo che ci avrebbe spinto a vivere come se dovessimo morire domani. Moriremo domani nessuno se ne rende conto. Il cinema fa emergere questa consapevolezza. Non abbiamo avuto ancora il tempo di essere eroi. Troppa gente da accontentare. Ma viene un momento in cui non possiamo più accontentare neppure noi stessi, ed é allora che la morte diventa tragica.

>> Il teorema di Almodovar >> Antoni Casas Ros

mercoledì 1 aprile 2009

non sono una vera blogger

mi sono scordata del primo compleanno del louniverso.
disastro.