martedì 30 marzo 2010

senza perdersi nella paura


Allora non sapevo ancora che cosa è la vastità, eppure lo intuivo: il poter contenere in sé moltissime cose, anche tra loro contraddittorie, sapere che tutto ciò che sembra inconciliabile sussiste tuttavia in un suo ambito e questo sentirlo senza perdersi nella paura, e anzi sapendo che bisogna chiamarlo col suo nome e meditarci sopra [...] ed è la vera gloria della natura umana

>> La lingua salvata >> Elias Canettii

confrontarsi con l'infelicità


La bellezza che era soltanto bellezza mi pareva vuota, Raffaello mi diceva poco, ma la bellezza che portava un fardello, gravata da una passione, da un'infelicità, da tetri presentimenti, mi attraeva e mi incantava. Era come se la bellezza non fosse qualcosa di distaccato e di separato, indipendente dagli umori e dalle contingenze del tempo, ma al contrario dovesse confrontarsi con l'infelicità, quasi sopportare il peso di una grande angoscia, e solo se in ciò non si consumava, ma anzi manteneva intatta e indomita la propria forza, solo allora avesse il diritto di chiamarsi bellezza.

>> La lingua salvata >> Elias Canetti

lunedì 15 marzo 2010

Qualche volta, all’improvviso, mi sveglio


Qualche volta, all’improvviso, mi sveglio,
un dolore mi percorre tenacemente,
un dolore che sta sempre, acquattato,
per saltarmi addosso, dal di dentro.
E allora ho paura.
Allora mi rendo conto che sto sola
di fronte a me stessa, di fronte a Dio, di fronte allo specchio
pieno delle mie immagini,
delle facce polverose.
Sto sola, ma sempre me ne sto sola:
è l’unica certezza.
L’amore era un ospite,
la solitudine sempre mi è compagna,
e mi rimane accanto, irremovibile.
L’unica realtà sicura, veritiera.
Odo il mio cuore, vecchia campana
che tocca e che batte,
che cozza nelle tempie e nella nuca,
e nella bocca e nelle dita.
É certo, ho paura.
Paura di non poter gridare, all’improvviso,
che sia troppo tardi
per una preghiera.
L’abitudine strozza le parole,
e ingrandisce il non incontro.
Ah, tante cose rimarranno occulte,
perdute, senza ricordo,
tante parole che non sono state dette,
tanti gesti.
Altri diranno: io lo so, l’ho conosciuta;
era un’ardente ribelle;
si è escoriata le mani e la vita
per difendere quelli che ha creduto più deboli.
Altri diranno: io lo so: l’ho conosciuta,
era dura, malvagia,
avara di tenerezza, con la bocca
dimostrava il suo disprezzo.
Qualcuno dirà: e come sorrideva….
Che importa,
ciò che verrà dopo il gran silenzio.
Chiaro che ho paura.
Così, nell‘alba
mentre qualche dolore – un dolore, sempre-
va conficcando i suoi aghi nel mio corpo,
apro le mani nell’ombra dolce
per acchiappare ancora la mia solitudine,
e le rimango accanto, senza muovermi,
con gli occhi aperti,
la vita trattenuta.
Tutto il mio sangue è un timore immenso

>> Julia Prilutsky Farny