venerdì 17 aprile 2009

Poesia all’aria aperta



Se le parole che io vi dico, o quelle che voi mi dite,
quelle che ci diciamo tutti, i discorsi che ci facciamo,
se tutte queste famose vecchie appena nate
sciupate arrochite lucide splendenti
morbide affascinanti candide parole,
se noi le registrassimo tutte con un enorme registratore
per farne con i moderni sistemi una classificazione
e calcolare diabolicamente in conclusione che cosa ci diciamo;
e una volta stabilito in modo sufficientemente probabile,
moderatamente sicuro, mediamente attendibile,
che noi diciamo soprattutto manca il sale
e qualche altra cosa che non mi piace scrivere qui,
se con un razzo via satellite lanciassimo
le nostre rombanti parole verso lo spirito,
nelle regioni immutabili dove da secoli
con una fronda di mirto una fanciulla gioca;
e se chiedessimo ad un cervello-calcolatore
elettronico con lettore ottico per cui nemmeno
bisogna perforare le schede
di rimandarci indietro le parole selezionandole
dopo che quelle regioni hanno attraversato,
io chiedo a voi che cosa tornerebbe.

Dobbiamo naturalmente continuare a parlare,
si capisce, sicuro. Ma vedete,
uno che sta all’aria aperta aspettando che s’apra una rosa,
e intorno i mezzi di comunicazione di massa
freneticamente ripetono queste famose eccetera parole,
accade, può accadere che formalmente s’impegni
a non dirne, parole, se non
sono tornate vive da quelle regioni immutabili.

>> La conversazione >> Marina Mariani

Nessun commento: