giovedì 2 aprile 2009

non camminiamo più allo stesso modo



Una piccola sala di quartiere. Ce ne sono ancora, I sedili un po’ sfondati. L’odore antico di tutti i sogni, di tutte le paure, di tutte le speranze di trovare l’amore che hanno appena vissuto i personaggi. Il desiderio che la nostra vita sia finalmente grandiosa. Che vi compaia una grande passione, anche se dovesse distruggerci. È questa questa l’assunzione di rischio che ogni grande film ci regala. Usciti dalla sala buia, qualche lacrima trattenuta, qualche lacrima sulla nullità della nostra vita, non camminiamo più allo stesso modo. Tutti i grandi film ci rendono titubanti, ci lasciano per un momento o per l’eternità in quella sensazione come di plancton, un po’ molle, a galleggiare tra due acque. Con la vaga percezione che potremmo finalmente vivere come eroi, che potremmo attraversare la vita invece di sfuggirla. In quei momenti di grazia sentiamo la nostra fragilità, palpiamo la nostra carne indecisa, permettiamo al sogno intenso della bellezza di sorgere e di portarci via. Poi si delinea la paura. La necessità di mantenere una cornice, delle forme, una funzione sociale. Io sono tutto ciò che i grandi film illuminano dentro di noi, quella possibilità di agire liberamente. Chi non ha sognato, dopo una proiezione di scomparire? Di non vedere più la famiglia, gli amici, di non andare più a lavorare l’indomani, di non essere più quello che tutti conoscono? Di stabilirsi in una nuova città, assumendosi finalmente il rischio di compiacere solo se stesso?
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Ogni opera d'arte risveglia in noi ciò che l'essere ha di più vivo, di più sovversivo, di più libero. Il dolore è intenso. Vorremmo riscrivere la sceneggiatura della nostra vita. In tutta l'esistenza sembra mancare il dramma assurdo che ci avrebbe spinto a vivere come se dovessimo morire domani. Moriremo domani nessuno se ne rende conto. Il cinema fa emergere questa consapevolezza. Non abbiamo avuto ancora il tempo di essere eroi. Troppa gente da accontentare. Ma viene un momento in cui non possiamo più accontentare neppure noi stessi, ed é allora che la morte diventa tragica.

>> Il teorema di Almodovar >> Antoni Casas Ros

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