Qualche volta, all’improvviso, mi sveglio,
un dolore mi percorre tenacemente,
un dolore che sta sempre, acquattato,
per saltarmi addosso, dal di dentro.
E allora ho paura.
Allora mi rendo conto che sto sola
di fronte a me stessa, di fronte a Dio, di fronte allo specchio
pieno delle mie immagini,
delle facce polverose.
Sto sola, ma sempre me ne sto sola:
è l’unica certezza.
L’amore era un ospite,
la solitudine sempre mi è compagna,
e mi rimane accanto, irremovibile.
L’unica realtà sicura, veritiera.
Odo il mio cuore, vecchia campana
che tocca e che batte,
che cozza nelle tempie e nella nuca,
e nella bocca e nelle dita.
É certo, ho paura.
Paura di non poter gridare, all’improvviso,
che sia troppo tardi
per una preghiera.
L’abitudine strozza le parole,
e ingrandisce il non incontro.
Ah, tante cose rimarranno occulte,
perdute, senza ricordo,
tante parole che non sono state dette,
tanti gesti.
Altri diranno: io lo so, l’ho conosciuta;
era un’ardente ribelle;
si è escoriata le mani e la vita
per difendere quelli che ha creduto più deboli.
Altri diranno: io lo so: l’ho conosciuta,
era dura, malvagia,
avara di tenerezza, con la bocca
dimostrava il suo disprezzo.
Qualcuno dirà: e come sorrideva….
Che importa,
ciò che verrà dopo il gran silenzio.
Chiaro che ho paura.
Così, nell‘alba
mentre qualche dolore – un dolore, sempre-
va conficcando i suoi aghi nel mio corpo,
apro le mani nell’ombra dolce
per acchiappare ancora la mia solitudine,
e le rimango accanto, senza muovermi,
con gli occhi aperti,
la vita trattenuta.
Tutto il mio sangue è un timore immenso
>> Julia Prilutsky Farny
lunedì 15 marzo 2010
Qualche volta, all’improvviso, mi sveglio
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